I suddetti due esercizi vengono spesso confusi o immedesimati con un nome solo, in realtà sono due esercizi che colpiscono primariamente gli stessi muscoli, ma sono ben diversi.
Prima di addentrarci in un confronto è necessario definire con chiarezza le terminologie originarie dei vari esercizi.
Stacco rumeno o Romanian deadlift (SR): lo stacco probabilmente più eseguito all'interno delle palestre, schiena ben iperestesa durante tutto il ROM e gambe leggermente flesse, il bilanciere arriva poco sotto il ginocchio o al massimo a metà stinco.
Stacco a gambe semitese o Stiff legged deadlift (SGST): una sorta di stacco rumeno ma con partenza di ogni ripetizione dal pavimento, come per i classici stacchi da terra.
Stacco a gambe tese o Straight leg deadlift (SGT): le gambe restano del tutto tese e il bilanciere, non aderente alle gambe, avrà un ROM ridotto, all’incirca all’altezza del ginocchio.
Questi sono tre dei più comuni stacchi con descrizione da manuale. Ultimamente però, al di là della confusione sulle terminologie, vengono utilizzati principalmente due tipi di stacchi che hanno unificato caratteristiche l’uno dell’altro probabilmente per comodità. Abbiamo sempre lo SR, che esso sia con bilanciere o la sua variante con manubri. In questo esercizio si tende però ad arrivare quasi a toccare il pavimento. L’eccessiva profondità però è un errore, infatti lo SR nasce per muovere grossi carichi, perciò la schiena dovrebbe restare sempre in sicurezza (petto in fuori, scapole addotte e anteroversione del bacino) e il bilanciere arrivare all’incirca poco sotto il ginocchio. In questo esercizio il tronco deve rappresentare un unico blocco con perno il bacino. Non si devono vedere le classiche esecuzioni con flesso-estensione della schiena, tutto il back deve rimanere compatto. Per evitare questo errore è necessario capire che sarà il bacino ad andare indietro e non voi a chiudervi in avanti. Per far capire il concetto potete far mettere l’atleta con le spalle vicino ad un muro, con la suddetta impostazione dovrà spostare il bacino verso il muro fino a toccarlo e allo stesso tempo inclinare il tronco in avanti. Poi c’è lo SGT, che accomuna parti dello SGT e dello SGST, e lo si esegue a gambe totalmente tese, si arriva al pavimento (tant’è che a volte è necessario posizionarsi su un rialzo) e si ha di conseguenza una perdita della curva lombare. Spesso esecuzioni di questo tipo diventano più dei Jefferson Curl dei degli stacchi veri e propri.
Mettendo da parte le terminologie, il fine di entrambi gli esercizi è quello di lavorare su ischiocrurali e glutei, oltre a tutti i muscoli che lavorano come stabilizzatori. Un esercizio, però, deve essere sempre valutato in base alla sua efficienza sul muscolo target e soprattutto in base alla sua sicurezza. Analizzando lo SGT e lo SR possiamo vedere come in entrambi ci sarà un coinvolgimento di glutei, ischiocrurali e del lower back ma, nel caso degli SGT, avverrà obbligatoriamente una flesso-estensione, durante l’esecuzione; questo andrà a sottoporre muscoli e colonna ad un forte stress.
(A sinistra lo Stacco a gambe tese “comune” e a destra lo Stacco rumeno)
Per tale motivo in origine lo SGT aveva un ROM così ridotto, proprio per l’eccessiva sollecitazione del lower back.
Ci sono certi casi, soprattutto tra le donne, in cui vi è un’ottima elasticità muscolare che consente anche a gambe tese di arrivare senza problemi fino a poggiare i palmi delle mani a terra. In questi casi il soggetto lamenta spesso di non sentire il lavoro.
Nonostante l’ottima mobilità, anche nelle suddette occasioni, consiglio sempre l’utilizzo dello SR con l’aggiunta però di 1 o 2 dischi sotto le punte del piede, così da pre-allungare tutta la catena posteriore.
Il take home message qual è?
Vista la pericolosità della perdita della curva lombare, a mio avviso, il gioco non vale la candela.
Essendoci un altro esercizio che lavora al meglio tutta la catena posteriore e senza dubbio in maniera più sicura, lo SGT lo trovo un esercizio da non inserire nelle programmazione visto l’alto rischio di infortuni.
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