top of page
Cerca
  • Immagine del redattoreLuca Usai

Personal Trainer: allenatore o educatore?


“L’allenamento sportivo è un processo pedagogico che attraverso l’attuazione metodica e sistematica di attività tende a condurre l’atleta al raggiungimento delle massime prestazioni nelle competizioni agonistiche relativamente alle sue possibilità.” (Attilio Lombardozzi) Quando si parla di allenamento o più in generale delle attività motorie, il pensiero collettivo viaggia quasi sempre in un’unica direzione: la dimensione pratica. L’allenamento, però, non è costituito solo dall’ambito pratico, ma possiede anche una forte trama pedagogica.


Dalla correlazione tra questi due universi ne consegue il rapporto tra allenatore e allievo. Nel seguente articolo mi interesserò principalmente dell’aspetto pedagogico-educativo, mettendo per una volta da parte i tecnicismi del Bodybuilding.

Detto ciò, sia chiaro, non voglio declassare gli aspetti psico-sociali o sportivi dell’allenamento, ritengo semplicemente che la sfera pedagogico-educativa si debba prendere gli spazi che si merita in quanto, oramai, quasi del tutto sepolta dal pragmatismo. Cosa si è perso? Sempre di più negli ultimi anni, soprattutto nel mondo del Bodybuilding e del fitness, si è arrivati a una disumanizzazione della professione dell’insegnante di attività motorie.

Le palestre sono diventate delle catene di montaggio, dove gli istruttori sono degli erogatori di schede e i clienti degli “atleti invisibili”. Dov’è finito il rapporto umano?

Lo si ritrova solo, e non sempre, nelle piccole palestre “di provincia”. Pretenderlo in quelle palestre che sembrano dei grossi supermercati è un’utopia. Questo non vuol dire che la colpa sia da accreditare al professionista, ma più che altro al meccanismo generale economico-sociale che si è creato.

Questa crescita della domanda ha fatto incrementare il numero di figure che gravitano attorno al mondo dello sport, andando a discapito della preparazione pedagogico-educativa. Peggio ancora, spesso, l’aspetto umano pecca anche dove è maggiormente richiesto, ovvero nei rapporti “one to one” come quello tra Personal Trainer e cliente. Come dice il nome stesso “Personal”, deve sussistere una relazione personale, quasi intima, sotto tutti gli aspetti.

Purtroppo, in questa relazione, ha interferito anche il mondo di internet (in particolar modo quello dei Social Network), il quale ha permesso agli allenatori di erogare schede a distanza.

Dicendo ciò, non voglio assolutamente fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono, per fortuna, professionisti che lavorano seriamente sia dal vivo che a distanza. Educatore a 360° I Personal Trainer, gli istruttori di sala, i preparatori atletici e gli allenatori in generale, sono tutti educatori. Questo aspetto della professione, forse, viene spesso dimenticato… Non devono educare solo il corpo ma devono anche essere un supporto emotivo-relazionale per la persona che seguono, una guida. Il coach deve essere un sostenitore, un motivatore attento a dettagli quali la comunicazione, la sicurezza, la fiducia e l’apertura. L’allenatore diventa così un consigliere ed un “facilitatore” per il proprio atleta, l’esperto capace di indicare le strategie migliori per raggiungere i risultati previsti. Tutto ciò deve essere rivolto al miglioramento della persona nella sua integrità, riconoscendo così la soggettività, la diversità e i bisogni specifici.


L’allenatore, non tralasciando nessun aspetto della persona, risulterà così un forte attore educativo.

Perché ciò avvenga è necessario che tra quelli che possiamo definire educatore ed educando, vi siano il maggior rispetto e fiducia possibile. Il peso che possiedono le opinioni, le convinzioni e gli atteggiamenti dell’allenatore sull’allievo/atleta, ormai, sono stati ampiamente dimostrati anche in letteratura (1). L’importanza educativa e formativa della professione dovrebbe essere tenuta presente da tutti i coach ma in particolar modo per coloro che operano negli sport ad alti livelli, come sostiene anche Emanuele Isidori (2), pilastro della pedagogia dello sport in Italia..

Quando si parla di agonisti o ancor di più di semi-professionisti o professionisti, la situazione diventa infatti più delicata. Tutto ciò perché questa categoria di atleti si presenta alle competizioni con uno stress mediatico, economico e psicologico senza dubbio maggiore rispetto all’utente medio. Quando ci sono tanti interessi in ballo gli allenatori tendono a perdere l’attenzione sul lato umano per focalizzarsi principalmente su quello prestazionale e del profitto.

Il primo comandamento di un allenatore deve essere quello di non anteporre il risultato alla persona. Si può, a parer mio, definire un buon allenatore, colui che riesce a tirar fuori dal proprio atleta il meglio, sia a livello di prestazione sia a livello caratteriale e personale, rendendo ogni competizione un’esperienza positiva e formativa che si instaurerà nel bagaglio esperienziale dell’atleta. Una nuova visione o forse vecchia Quali sono i fini di queste considerazioni? L’obiettivo è quello di proporre una figura, o di migliorare quelle esistenti, che risulti completa sia dal punto di vista sportivo e scientifico sia dal punto di vista pedagogico ed educativo. Bisogna superare l’approccio tecnicistico proposto nei corsi di formazione e nelle palestre.

Chiedo troppo? Non credo. La figura proposta, nella mia ottica dell’educazione fisica, dovrebbe costituire la base delle scienze motorie e delle scienze dell’educazione. Il professionista che si propone per un lavoro di questo tipo non basta che sia un bravo Personal Trainer o un bravo Pedagogista con qualche esame di Scienze Motorie.

Serve quello che si potrebbe definire come Pedagogist Trainer o Counselor Trainer. Lo so, i nomi in Inglese fanno sempre più effetto. Ma oltre a fare più effetto, come ci fa notare sempre Isidori, i termini inglesi coach e training rimandano a concetti di forte impatto pedagogico, come: motivazione, abitudine, programmazione, sforzo ecc. Forse, si evince troppo il mio stampo accademico di tipo pedagogico e, diciamoci la verità, suona anche strano sentir parlare, nel mondo del Bodybuilding, di emozioni e pedagogia.

Credo però che i caratteri descritti in precedenza, siano essenziali in colui che si prefigge di insegnare qualsiasi attività motoria, non solo il Bodybuilding. Concludo suggerendo a tutti i Trainer di valutare quindi, all’interno delle loro programmazioni di allenamento, sia il piano metodologico che quello pedagogico.

Solo così ne conseguirà un rapporto bidirezionale in cui cresceranno entrambe le figure (allenatore e allievo) a livello sportivo e umano.


Bibliografia

Jones RL et al. Sports coaching cultures: From practice to theory. Routledge. 2002.

Isidori E. La pedagogia dello sport. Carocci. 2015.

Isidori E. La pedagogia come scienza del corpo. Armando. 2002.

Isidori E, Aranda AF. Pedagogia dell’allenamento, prospettive metodologiche. Education & Sport Studies. 2012.

Martin D et al. Manuale di teoria dell’allenamento. Roma: Società Stampa Sportiva. 1997.


162 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page